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CURIOSITA' E SPUNTI


Chi scrive è arciconvinto che non tutti i cartoni siano "roba per bambini", e "Ken il guerriero" ne è una prova lampante. Raramente si è visto un cartone altrettanto "splatter": i nemici di Ken non muoiono mai in maniera pulita, ma i loro corpi vanno a pezzi in impressionanti esplosioni di sangue, o subiscono sorti ancora più truculente. In Ken non c'è pietà. Non di rado egli comunica con gelido cinismo ai suoi avversari la loro sorte: "Ho colpito uno dei tuoi punti segreti di pressione. Tra cinque secondi il tuo cuore esploderà". Egli combatte con una rabbia, una violenza e una ferocia che non si associano di solito ad un protagonista positivo.
Ken è lo stereotipo dell'eroe cupo e tenebroso. In centocinquanta puntate non lo si vede mai non solo sorridere, ma neanche di buon umore. Le sue espressioni facciali vanno dall'incazzato nero al "come mi sono svegliato male stamattina". Egli è un incrocio tra Rambo e Iena Plisskjn, vittima di esplosioni di rabbia alla BruceBanner/Hulk, con relativa maglietta che si strappa (paradossalmente, ne strapperà in media una a puntata, e non si comprende come faccia a procurarsene di nuove).
Nonostante tutto ciò, "Ken il guerriero" gode di un impressionante favore da parte del pubblico femminile, grazie forse al suo fascino "bestiale", o meglio "bovino", alla VanDamme, per intenderci.
Eppure, la storia di Ken non è fatta soltanto di calci volanti e di pugni in faccia... Tra le righe delle sue avventure, forse ad un diverso livello di lettura, si può scorgere anche qualcos'altro, più profondo. La violenza, dopotutto, può essere un pretesto per una riflessione sociale (se vogliamo "politica") della natura umana. Il mondo di Ken è un mondo allo sbando, anarchico, ove vige la legge animalesca del più forte. In fondo la civiltà, sembrano dire gli autori di questo anime, non è che una patina sottile, una conquista recente e fragile, terribilmente facile ad andare in pezzi. E sotto questa patina, immancabilmente, le tragedie o comunque i momenti difficili fanno affiorare la vera natura dell'Uomo, in assoluto il peggior nemico dei propri simili.
Ed allora, se la violenza è destinata a macchiare per sempre la Storia dell'umanità, possiamo almeno sperare che essa venga incanalata e codificata nelle leggi dell'Arte Marziale, che venga trasfigurata nella spiritualità, nella filosofia e nell'etica di quella che in Oriente è più una religione che una forma di lotta.
Ken il Guerriero è dunque un cartone fascista? La risposta sembra essere affermativa, anche se è sempre difficile inquadrare opere di questo genere in precisi contesti ideologici. Certo il messaggio della serie è che in momenti di caos, di grave crisi o di anarchia, la mano forte, severa ma giusta, del Sovrano Assoluto è la cosa migliore che ci si possa augurare.
Gli immancabili ideogrammi nelle sigle di testa e di coda, così come il tema tough boy, peraltro molto più coinvolgente del tema musicale italiano, identificano come profondamente giapponese la serie. Curiosamente, mentre gli antichi maestri di Hokuto riposano in orientaleggianti tumuli funerari, non è raro vedere personaggi che vengono seppelliti in fosse con sopra una croce (confusione religiosa?).
Da ricordare infine le immancabili didascalie in ideogrammi giapponesi, che interrompono l'azione per commentare una speciale tecnica o un particolare colpo eseguito da un maestro. Tra le tecniche più affascinanti ed improbabili esibite dal nostro Ken, il famigerato Colpo di Distruzione dell'Universo, con cui egli abbatte gli avversari a distanza. Per capire come questo sia possibile, ascoltiamo la spiegazione data dallo stesso Ken. "Duemila anni di scuola Hokuto," egli rivela "hanno condotto al completo dominio dello Spirito sulla Materia. Ecco perchè io oggi posso colpirti senza neppure sfiorare il tuo corpo."
Agghiacciante, non trovate?


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