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'UNA VITA IN ROSA' ALLA GAZZETTA. ADDIO CANNAVO'...

Ultimo Aggiornamento: 24/02/2009 12:20
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22/02/2009 11:55
 
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(articolo di Angela Majoli)



Il momento più brutto della sua carriera di giornalista, raccontava Candido Cannavò, storico direttore della Gazzetta dello Sport scomparso oggi all'età di 78 anni, era stato la notte dell'Heysel del 29 maggio 1985, con i 39 morti tra i tifosi riuniti allo stadio per Juve-Liverpool. "Quella sera, davanti all'immane tragedia, a me, ai miei colleghi, è venuta la voglia di lasciare tutto, di andare via. Poi è prevalsa l'altra voglia, quella di raccontare, anche di capire". Quella voglia che lo aveva spinto a 19 anni a lasciare gli studi di medicina e a sposare la vocazione di giornalista, seguendo un percorso che lo avrebbe portato a girare per il mondo, seguendo fatti, incontrando uomini, facendo esperienze irripetibili.

"Non sapremo mai ciò che la medicina ha perso - disse Gianni Agnelli - visto che il giovane Cannavò ha deciso di diventare giornalista, ma sappiamo quanto ci ha guadagnato lo sport e noi con lui". Nato a Catania nel novembre 1930, orfano di padre dall'età di cinque anni, Cannavò ha mosso i primi passi nel mondo del giornalismo nel 1949 nel quotidiano della sua città, La Sicilia, occupandosi di sport ma anche di importanti temi sociali e di costume. Nel 1955 è entrato alla Gazzetta come corrispondente; nel 1981 ne è diventato vicedirettore, poi condirettore e nel 1983 ha preso il posto di Gino Palumbo alla scrivania di direttore. Ci è rimasto per 19 anni, fino al 2002, facendo diventare la 'Rosea' il più diffuso quotidiano sportivo d'Europa e restandone poi tra gli editorialisti più amati.

Nel luglio del 2005 ha festeggiato il 50/mo anniversario della sua prima firma sul giornale per il quale ha seguito i maggiori eventi sportivi mondiali e undici Olimpiadi. Un itinerario che ha raccontato nella sua autobiografia, Una vita in rosa, pubblicata da Rizzoli nel 2002 (e vincitrice del premio Chianciano nel 2003), che si apre con la guerra e le bombe su Catania e arriva fino ai giorni nostri. Una galoppata nella quale si possono incontrare Maradona e Gino Bartali (uno dei suoi campioni preferiti, insieme con Giacinto Facchetti), Carlo Azeglio Ciampi e Pelé, Saddam Hussein e Stalin, Helenio Herrera e Fulvio Bernardini, Gianni Brera e Indro Montanelli. Ma ci sono anche le notti insonni della Coppa America, le sfide della Formula 1, le partite di un calcio in continua evoluzione, nel bene e nel male.

Alla passione per lo sport Cannavò ha sempre accompagnato l'interesse per i temi sociali e di costume, come testimoniano i tre saggi usciti negli ultimi anni sempre per Rizzoli: Libertà dietro le sbarre (2004, riconoscimento speciale nell'ambito del premio Ernest Hemingway), E li chiamano disabili (2005, un successo da undici edizioni) e Pretacci - Storie di uomini che portano il Vangelo sul marciapiede (2008, premio Fregene). In Libertà dietro le sbarre è entrato a San Vittore con l'umiltà del cronista, a taccuino aperto: "Viaggiando nel piccolo carcere delle donne e in quello, enorme e intasato, degli uomini - spiegò - ho raccolto storie di tenacia, di intelligenza, di fantasia, di speranza infinita e anche d'amore".

Poi il viaggio nell'handicap, nel libro E li chiamano disabili, 16 storie di non rassegnazione, di individui coraggiosi, appassionati e capaci di grandi successi sportivi. Infine, lo scorso anno, il terzo capitolo di questa ideale trilogia, Pretacci, dedicato a quei preti da marciapede che passano la giornata tra gli ultimi della terra, "gente che si sporca la tonaca", da don Oreste Benzi a don Andrea Gallo. Tra le tante onorificenze che hanno segnato la lunga esperienza di Cannavò, il titolo di Grand'Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana, conferitogli nel 1992 dal Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi; l'Ordine Olimpico, ricevuto dal Comitato Olimpico Internazionale nel 1996, durante i Giochi di Atlanta; il premio Ischia per il giornalismo nel 1998 e il premio Saint Vincent - Indro Montanelli alla carriera nel 2006.



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24/02/2009 12:20
 
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Grande personaggio, mi era andato un pò sulle palle quando accusò Pantani...poi ha rimediato per fortuna!!

Peccato con lui se ne va una parte del ciclismo italiano!!!

Addio Candido!!!




Quando il guerriero è stanco o solitario, non sogna di donne e di uomini lontani:
cerca chi gli sta accanto, e condivide il suo dolore o il suo bisogno di affetto, con piacere e senza colpa.
Un guerriero sa che la stella più lontana dell'Universo si manifesta nelle cose che stanno intorno a lui.

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